Un tempo inusuale quello che ci accompagna da più di un mese. Un tempo surreale che non rientra nella nostra routine quotidiana. Un tempo che ci sconvolge, ma che può essere una risorsa: il tempo della “scuola interiore”, in cui il ritmo delle nostre giornate può lasciare da parte le regole della velocità e dell’ottimizzazione e può essere scandito “da un sufficiente viatico di ozio per capire dove siamo e cosa guardiamo, chi inseguiamo e perché, … esercizi che tengono desta la nostra anima” (A. Torno, “La virtù dell’ozio”). Oggi, un tempo in cui possiamo vivere un certo “silenzio” nel quale lasciare parlare lo Spirito del Signore ai nostri cuori in quello che viviamo nelle nostre case e nelle nuove abitudini giornaliere. Il tempo è un bene prezioso da sempre e averne a disposizione è un dono!
Nel libro Il crollo del noi, il Vescovo Vincenzo Paglia, attuale presidente della Pontificia Accademia per la vita, offre una lucidissima lettura della cultura e della società dominante invitando a riscoprire la stravolgente attualità e profezia del Vangelo in questo tempo. Sì, il Vangelo: una luce di vita che mai smette di indicare una direzione all'umanità in tutti i tempi. “Questo Vangelo che ci offre sempre la possibilità di fare un salto profetico, ovvero – così è la profezia - capace di offrirci la possibilità di individuare nell’oggi, di ogni tempo e di ogni situazione, prospettive, priorità, criteri di azione e scelte simboliche capaci di aprire nuove strade e di dare forma concreta alla speranza”. Una realtà, quella in cui siamo immersi, nella quale tutte le cose, anche le dinamiche proprie del cuore umano, si sono trovate ad affrontare l'estenuante tentazione a relativizzare tutto e a adorare il “monoteismo dell'io”. “Senza una elaborazione della fraternità che sia all'altezza dei tempi perdiamo il senso della complicità umana del vivere, del prendersi cura, dell'inventare bellezza, del creare pensiero e dell'abitare comunitario”. Così Monsignor Paglia invita a colmare quel “vuoto di fraternità” che rischia di essere riempito da una “complicità contraria”.
Quello che sta vivendo l'umanità è davvero qualcosa di stravolgente, sotto tutti i punti di vista, anche quelli più inimmaginabili e interiori. Non dimentichiamo che in questi giorni non c'è solo la cronaca preziosa di solidarietà e i bollettini che, doverosamente, ci aggiornano circa la curva epidemiologica. Ci sono ancora nel mondo violenza, prevaricazione, un terribile crescere di morte e di fondamentalismo: tanti muri ancora in via di costruzione. Non dimentichiamo quanto oggi non è più sotto i riflettori. Prima della benedizione Urbi et Orbi - cioè del mondo intero - di Venerdì 27 Marzo, Papa Francesco ci ha ricordato che siamo “sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confrontarci a vicenda. Di per sé nulla di nuovo o mai detto. Ci ha però come svegliati su due cose. La prima, un punto critico: “Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”. La seconda, una Presenza forte: su questa barca c’è Gesù che, nel suo sonno apparente, ci invita a “scegliere che cosa conta e che cosa passa, a separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”, ma anche a “reimpostare la rotta della vita verso di Lui, e verso gli altri”. E in questo cammino abbiamo di fronte a noi tanti compagni di viaggio esemplari che “nella paura, hanno reagito e stanno reagendo dando la propria vita”. Questa, dice Papa Francesco, è “la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni”: “una chiamata universale alla fraternità”. Ed è commovente vedere che c'è ancora amore e che l'amore vuole essere incontrato. La fraternità non è un obiettivo come può essere un patto sociale, o una necessità come la solidarietà, ma scopriamo che è “la condizione propria della nostra esistenza”. Non si tratta allora solo di gestire nel modo migliore il tempo presente, l'urgenza, ma di iniziare a preparare il futuro, oggi, rispondendo alla chiamata alla fraternità in ogni ambito, non solo attraverso iniziative, ma partendo dalle nostre abitudini giornaliere, in cui si affrontano difficoltà e si gioisce!
Anche per il futuro, che speriamo sia quanto mai prossimo, forse dovremmo essere attenti a non puntare a recuperare innumerevoli incontri e iniziative, ma piuttosto a valorizzare in termini fraterni ogni minima cosa. Questo lo dobbiamo preparare fin da oggi coi mezzi che abbiamo a disposizione, perché siamo chiamati ad un valore di relazione capace - ancora più che le armi - di far fronte e di vincere anche quella violenza che ancora oggi colpisce molte persone. Ci accorgiamo, anzi sperimentiamo, quanto invece la fratellanza ci può legare in una pace stabile e fruttuosa in cammini nuovi per l'umanità. Come diceva San Giovanni Paolo II, siamo convinti che lo Spirito Santo ci ha dato occhi per vedere e plasmare la nostra fantasia della carità!
È questo il tempo anche della speranza. Abbiamo davanti agli occhi immagini dure, sentiamo lo strazio di persone che non possono stare accanto ai propri cari nei vari momenti più critici della vita, come tanti hanno vissuto in questi anni allontanati da barriere di altro genere. Nella nostra mente, queste immagini rievocano forse immagini viste in film storici o proiezioni di preziose narrazioni delle persone più anziane che hanno narrato epoche dure e difficili, come quelle delle guerre. “Sono tutte tenebre che chiedono un nuovo orizzonte di luce”. Vorremmo per questo lasciarvi tre immagini di speranza:
I volti di tanti medici e infermieri che portano il “tatuaggio” delle maschere indossate doverosamente tutto il giorno, segno di una dedizione indelebile nella storia.
Papa Francesco che benedice il mondo col Santissimo Sacramento, segno di una preghiera comune con tanti fedeli di varie confessioni religiose.
Don Camillo che nel pieno dell'alluvione parla rimanendo nella propria Chiesa in mezzo all'acqua, a cui Guareschi fa dire: Fratelli sono addolorato di non poter celebrare l'Ufficio divino, ma sono vicino a voi per elevare una preghiera verso l'alto dei cieli. [...] Un giorno [...] Ci ricorderemo della fratellanza che ci ha unito in queste ore terribili e con la tenacia che Dio ci ha dato ricominceremo [...], cercheremo di sorridere così tutto sarà più facile. E il nostro paese diventerà un piccolo Paradiso in terra .
Che sia questo, infine, un tempo propizio per la forza più grande che possiamo utilizzare: la preghiera. La preghiera liberamente offerta al Signore. La preghiera del sorriso. La preghiera della vita, il dono più grande che abbiamo. Non cerchiamo, dunque, risposte ‘oltre’ o ‘altre’: abbiamo già tutto. Un vero Tutto: abbiamo la Pasqua! Che il Risorto sia sempre nel nostro cuore, ogni giorno!
La Presidenza di Azione Cattolica di Reggio Emilia-Guastalla