L’Assemblea diocesana annuale dell’Azione Cattolica rappresenta una tappa importante per ogni anno associativo e per ogni socio impegnato nel “vivere una vita piena” come ci invita ancora oggi a fare Armida Barelli, testimone di laica impegnata per e nella Chiesa che verrà beatificata il prossimo 30 aprile in Duomo a Milano.
Il 6 marzo, per l’AC diocesana di Reggio Emilia Guastalla, non è stata “soltanto” un’Assemblea ma un momento d’incontro importante arricchito quest’anno anche dalla gioia e la riconoscenza per l’apertura delle celebrazioni per i 140 anni di presenza dell’AC nella nostra Diocesi.
L’Assemblea, svoltosi in Cattedrale a Reggio Emilia, è iniziata con la preghiera preparata dall’Assistente Unitario don Daniele Casini e animata dal coro dei Giovani di AC.
La Presidente diocesana Sara Iotti ha preso, quindi, la parola ringraziando prima di tutto i presenti, tra i quali anche i rappresentanti di altri Movimenti ed associazioni, a partire prorpio dal titolo dell’Assemblea: “Sotto la stessa luce - in comunione con la Chiesa”. “Questo rappresenta la mappa che indica il nostro viaggiare” ha detto Sara, ricordando il messaggio che il 27 marzo 2020 Papa Francesco ha dato al mondo: siamo “sulla stessa barca tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme. E quanto è ancora vero questo messaggio alla luce delle vicende che in quei giorni e ancora oggi scuotono il mondo intero. L’Assemblea diocesana, ha proseguito la Presidente, “è resa allora speciale dall’incontro, dall’ascolto e dalla presenza di ognuno di noi che rende l’Associazione capace di leggere la storia e le storie di vita, un’Associazione capace di cambiare lo sguardo e i cuori se lo si desidera. Un’AC fatta di “cercatori mai arresi”.
Il Vicario don Alberto Nicelli ha portato il saluto dei due Vescovi, Mons. Massimo Camisasca, e Mons. Giacomo Morandi, che in quella particolare domenica si apprestavano a salutare e ad iniziare il proprio mandato nella nostra Diocesi. Mons. Camisasca, attraverso le parole di don Alberto, ha ricordato come l’AC sia “autorevole parte della vita della Chiesa, non solo per il glorioso passato – che tanto ha dato - ma anche per il suo sapersi reinventare, non alterando la sua identità, ma nelle forme, nel percorrere strade di ricerca”. Sempre attraverso la presenza del Vicario, anche il Vescovo Morandi ha voluto far giungere la sua benedizione anticipando che quanto prima vorrà incontrare la Presidenza diocesana che proprio la domenica successiva nella cerimonia del suo insediamento ha conosciuto nella persona della Presidente e dell’Assistente generale che hanno potuto dargli un primo saluto. Don Alberto ha chiuso il suo intervento dicendosi grato di poter avere gli associati di AC in Cattedrale per la loro assemblea “non come ospiti ma come amici e fratelli carissimi”.
Giorgia Pinelli, Segretaria del cammino sinodale diocesano, ha ringraziato l’AC per la preziosa presenza e lo slancio che imprime con la volontà di “camminare insieme come membra vive della Chiesa”. Giorgia ha proseguito ricordando quanto riportato al n. 32 del Documento preparatorio del cammino sinodale: lo scopo del Sinodo non è produrre documenti, ma «far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani».
Ringrazio Sara Iotti e l’Azione Cattolica Diocesana per questo invito, e porto a tutti voi i saluti dei miei compagni di avventura, che assieme a me si occupano del cammino sinodale della nostra Diocesi: don Pietro Adani, don Stefano Borghi e Matteo Gandini.
Sono lieta di essere con voi oggi, in questo anniversario così importante per la vostra splendida realtà. E sono molto colpita dal titolo che avete scelto di dare a questa giornata: “Sotto la stessa luce”. Un titolo che evoca, nei miei ricordi di non più giovane, l’inno “Emmanuel” della Giornata Mondiale della Gioventù e del Giubileo dei Giovani di Roma 2000, quando l’allora pontefice Giovanni Paolo II volle indicarci la Croce di Cristo come luce per il nostro cammino.
Soprattutto, questo titolo mi fa riandare ad una delle chiavi di lettura che ho fatto mie, e che medito spesso, per accostarmi al Cammino sinodale.
Nel Documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi, col percorso del quale coincide per questo primo anno anche il Cammino sinodale delle Chiese in Italia, al n. 32 si legge: “Ricordiamo che lo scopo del Sinodo e quindi di questa consultazione non è produrre documenti, ma «far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani»” . Sono molto grata al Papa e ai Vescovi per aver inserito questa chiosa, che appare richiamata anche nel Vademecum: e quando mi prende l’ansia torno a queste parole, che tracciano il modus operandi in modo molto chiaro. Non ci è chiesto, come cristiani, di radunarci attorno a tavoli di lavoro per produrre carte. Ci è chiesto di incontrarci, di sostenerci l’un l’altro nel cammino. Di guardarci, come recita il titolo dell’evento di oggi, “sotto la stessa luce”. Vi dicevo che questa frase, da voi scelta, mi ha molto colpita: essa richiama un passo di Sant’Agostino (santo e filosofo che amo molto, tanto che il mio secondogenito porta il suo nome) che rileggo molto in questo periodo, e che mi sembra il corollario dello spirito sinodale che il Papa ci chiede. Nel ripercorrere la propria odissea umana ed esistenziale, Agostino scrive nelle Confessioni che “dorsum habebam ad lumen et ad ea, quae inluminantur faciem: unde ipsa facies mea, qua inluminata cernebam, non inluminabatur”: “Volgevo le spalle alla luce e il viso alle cose da essa illuminate, per cui la mia faccia stessa, con la quale distinguevo le cose illuminate, non era luminosa” (Confessioni, 4, 16, 30). Il santo vescovo di Ippona, ai miei occhi, con queste parole mi suggerisce un metodo di lavoro chiarissimo, cristallino: la tentazione ricorrente di ciascuno di noi è quella di volgersi direttamente e in modo immediato ai fratelli e alle occupazioni, volgendo le spalle alla fonte della fraternità e della realtà tutta. Il cammino sinodale ci invita a fare il movimento contrario: riconoscerci figli di Dio, collocati nella sua Luce. Cercare quella Luce, cercare il rapporto con Dio, per poter di lì riconoscere, nella Sua luce amorevole, ogni altro essere umano come nostro fratello. È per questo che, impostando il primo passo di questo percorso per la nostra Diocesi, Mons. Massimo Camisasca – pur lasciandoci, in pieno spirito sinodale, indicazioni molto ariose e “a maglie larghe” – ha chiesto espressamente che ogni incontro inizi con un momento di preghiera e di ascolto della Parola di Dio. Possiamo ascoltarci gli uni gli altri solo se ci mettiamo in ascolto di ciò che il Padre di ogni uomo vuole dirci: perché è la bellezza dell’esperienza cristiana il dono grande che abbiamo da scambiarci, e da condividere con ogni uomo che incontreremo nel cammino. Un’esperienza, questa, che abbiamo a nostra volta ricevuto in dono, e che nella sua bellezza e profondità sorpassa ogni nostro pensiero, ogni azione, ogni nostra capacità. A quella sorgente, all’incontro con il Signore che ha preso ed affascinato la nostra vita, possiamo e dobbiamo tornare continuamente se vogliamo davvero camminare insieme.
In questo senso, l’invito del Papa a farci Chiesa sinodale mi sembra in primo luogo l’invito a riappropriarci del nostro essere Chiesa tout court, ricordarci che ciascuno di noi è parte viva della Chiesa; ed è attraverso me, attraverso voi, attraverso ciascuno di noi che la Chiesa va per il mondo, si rende vicina ad ogni uomo, si fa incontrare. È una grande responsabilità, ma una responsabilità entusiasmante: perché ci ricorda che il nostro orizzonte è il mondo, il mondo intero. Portiamo, nei nostri vasi di creta, il tesoro che, solo, colma le attese più vere e profonde dell’uomo. Tra l’altro, mi pare di essere oggi nel posto giusto: perché questa vocazione all’universalità, all’apertura a 360 gradi, all’incontro con ogni situazione e con ogni uomo mi pare profondamente connaturata all’Azione Cattolica, parte integrante del suo dna.
Di nuovo, quindi, vi ringrazio e vi auguro buon lavoro. La nostra segreteria del Cammino sinodale c’è, noi ci siamo! Come saprete, il Papa e i Vescovi insistono molto sul fatto che la sensibilità sinodale non sia l’ennesima incombenza calata dall’alto, ma lievito e fermento che dal basso, con pazienza, fa lievitare relazioni e rapporti o ne crea di nuovi. La nostra segreteria, quindi, c’è per accompagnare, sostenere, se occorre aiutare: senza mai sostituirsi ai cammini delle diverse comunità, dei gruppi e delle realtà che incontriamo. In questi primi mesi, nei quali i gruppi attivati dalla Diocesi hanno lavorato, il nostro ruolo è stato anche di contemplazione: contemplare la bellezza che il Signore costruisce nelle nostre vite quando ci volgiamo a Lui.
Spero che potremo contemplare e vivere tanta di questa bellezza, insieme.
Buon pomeriggio a tutti.
Ad inizio di questa assemblea, desidero rivolgere un ringraziamento a tutti voi presenti che avete accolto il nostro invito, in particolare a Don Alberto Nicelli, nostro Vicario generale.
Un benvenuto a Gianni Borsa, a Giorgia Pinelli e a don Giovanni Rossi, che ringraziamo di cuore in anticipo per la loro disponibilità, per i pensieri e le parole che condivideranno con noi. È molto importante la loro presenza qui, oggi.
Ringrazio tutti i referenti, i coordinatori, i responsabili dei movimenti e delle aggregazioni laicali per aver accolto l’invito, pensando questo incontro come un momento di cammino insieme.
Il titolo “Sotto la stessa luce - in comunione con la Chiesa” vuole essere la mappa che indica il nostro viaggiare.
Il 27 marzo 2020, Papa Francesco ci ha detto che siamo “sulla stessa barca tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme. E quanto è ancora vero questo messaggio, alla luce delle vicende che in questi giorni stanno preoccupando il mondo intero.
L’episodio della “tempesta sedata” nel Vangelo di Marco, a cui il Papa faceva riferimento, inizia con Gesù che invita i suoi discepoli a passare all’altra riva, ad andare oltre. C’è un “oltre” che abita le cose: gli altri e l’Altro.
È come se Gesù ci dicesse che il nostro posto è su una barca in mare, verso orizzonti nuovi, non fermi in un porto sicuro, attraccati alla solita banchina. D’altronde le barche non sono fatte per navigare?
È come se Gesù ci volesse appassionare al mare aperto, al navigare in avanti, alla bellezza del mare alto e infinito, alla scoperta di altri luoghi e di altre persone, invitandoci a navigare con fiducia, vincendo quel grande nemico della fede che è la paura: Lui è con noi.
Sì, Gesù è sulla barca con i discepoli, li accompagna: ha fiducia nelle loro braccia forti sui remi, si sente sicuro mentre i suoi amici remano nella stessa direzione, insieme, mentre sostengono ciascuno la speranza dell’altro.
Nella sera, nella grande tempesta di vento con le onde che si rovesciano nella barca, Gesù si desta, è lì, e con eloquenza dei gesti: minacciò il vento e il mare..., perché gli importa di loro.
Gesù è l’abile e vigile timoniere che ha la presa salda, la speranza nella paura, la Luce che illumina la navigazione.
Ecco con questa immagine, semplicemente, volevo sottolineare che:
L’Assemblea diocesana di oggi è resa allora speciale dall’incontro, dall’ascolto e dalla presenza di ognuno di noi che rende l’Associazione capace di leggere la storia e le storie di vita, un’Associazione capace di cambiare lo sguardo e i cuori, se lo si desidera.
Parafrasando Padre Ermes Ronchi, che lo scorso sabato ci ha accompagnati nel Ritiro di Quaresima, desidero concludere e condividere la richiesta al Signore di alcuni doni per l’AC:
Grazie!
Il cammino sinodale, così come il complessivo cammino della Chiesa, attraversa la storia. Quindi occorrono alcune premesse in relazione a pandemia COVID-19 e guerra in Ucraina.
Umanità in sofferenza, fragile, interconnessa. Minacciata su più “fronti”: salute, conflitti.
Umanità “spiazzata” dalla pandemia: salute, lavoro, scuola, politica.
Lo stesso è accaduto per la Chiesa: messe on line, stop a funerali e matrimoni, stop a catechesi…
Una situazione nella quale siamo chiamati, da credenti, a ripensare le forme, i linguaggi, le iniziative per far camminare il vangelo nelle strade delle nostre città, incontrando la vita delle persone, delle famiglie, delle comunità locali…
Alcune premesse.
Sinodalità, parola che non fa parte del vocabolario quotidiano (per “addetti ai lavori”?)
Sinodalità, parola che rischia di logorarsi dalle ripetizioni se non ci intendiamo su significato, protagonisti e obiettivi
Sinodalità: metodo per assumere decisioni nella chiesa, ma anche stile dell’essere chiesa oggi, e chiesa “in uscita” (favorire il convergere; sollecitare il senso di corresponsabilità; richiamare il protagonismo laicale; stile della fraternità)
Sinodo: in ascolto dello Spirito (lo Spirito… è una persona. Dimensione relazionale, trinitaria)
Dunque quali altre parole ci guidano in un percorso sinodale?
«Una Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale, che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra. In effetti, quello sinodale non è tanto un piano da programmare e da realizzare, ma anzitutto uno stile da incarnare». Fare sinodo «è camminare insieme dietro al Signore e verso la gente, sotto la guida dello Spirito Santo». Discorso del Santo Padre Francesco ai membri del Consiglio nazionale dell’Azione cattolica italiana
Sollecitata da papa Francesco, la Chiesa universale ha iniziato una lunga fase sinodale che coinvolgerà per alcuni anni le comunità cristiane in un cammino di discernimento e conversione spirituale e pastorale.
Si tratta – come hanno più volte fatto intendere Bergoglio e il presidente dei vescovi italiani card. Gualtiero Bassetti – di un’opportunità per porsi in ascolto del vissuto ecclesiale riconoscendone limiti e ricchezze, per custodirne l’essenziale, per individuare nuovi “linguaggi” e risposte inedite alle sfide che questo nostro tempo pone all’umanità e alla Chiesa stessa.
Sinodalità, un percorso che si apre, che deve partire dal basso e che va costruito insieme.
Lo stesso Francesco ha indicato che la sinodalità va intesa e vissuta «dal basso» e «insieme».
Dal basso non già per ribadire una visione gerarchica della Chiesa, ma per sottolinearne la dimensione popolare: ciò implica di valorizzare le voci e la corresponsabilità di tutti i battezzati. Significa inoltre che non ci possono essere temi prestabiliti per il confronto sinodale, o ruoli preordinati al di là di quelli definiti dalla propria vocazione e ministero nella Chiesa. Ciascuno è dunque chiamato a partecipare secondo il rispettivo status di vita, i “talenti”, le inclinazioni, le attenzioni.
Insieme significa che ciascun credente in Cristo è sollecitato a portare il suo contributo nella certezza che sarà accolto e considerato.
Traspare il volto della Chiesa come comunità in ascolto, fraterna, aperta, dialogica, dinamica. E missionaria. Perché la Chiesa non può che essere missionaria, chiamata all’annuncio e alla testimonianza, umile e veritiera, del Vangelo di Gesù risorto.
Domandarci:
Ancora una parola del Papa (al Sinodo giovani):
“Ricordiamo che lo scopo del Sinodo e quindi di questa consultazione non è produrre documenti, ma far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani…”.
AC e Sinodo:
Tratto-profilo-stile sinodale va oltre lo stesso percorso sinodale:
Rivolgo un cordialissimo saluto alla presidente diocesana dell’Azione Cattolica, al presidente dell’A.C. di Milano, e a tutti voi. Grazie per questo invito a vivere con voi un momento importante fondamentale della nostra associazione.
140 anni non sono pochi direi per una realtà che ancor oggi vive con entusiasmo il suo ministero, il suo apostolato. Mi piace sottolineare che l‘A.C. ha sempre risposto alla consegna che la Chiesa, attraverso i suoi pastori, le ha rivolto: essere associazione di Laici a servizio della Chiesa e per la Chiesa. Questo le ha conferito e le assicura tuttora quella vitalità che la rende capace di entrare nel vivo della missione della Chiesa, con quello stile costante di servizio a Dio e all’uomo, pur nelle peculiarità delle diverse epoche storiche. Celebrare i 140 anni dell’A.C. di Reggio Emilia significa avere uno sguardo che comprende il passato, che sa leggere il presente e che si apre verso nuovi orizzonti.
Comprendere il passato. L’intuizione di Mario Fani e Giovanni Acquaderni ha raccolto e organizzato le aspettative, le speranze ma soprattutto lo slancio di tanti giovani, di tanti uomini e donne che hanno reso bella la nostra Associazione. Resi forti da una spiritualità intensa e significativa, questi animi sono stati educati al servizio della Chiesa, alla comunione con la gerarchia, a lavorare nel vasto campo dell’apostolato laicale per il bene non solo della Chiesa ma per tutto il Paese. Nella capillarità formativa delle numerosissime associazioni parrocchiali si è formato quel movimento laicale che nella missione dell’apostolato ha accomunato tutti, senza distinzioni di ceto o di cultura.
La cura della famiglia, la giustizia nel lavoro, la politica, il delicato ambito educativo hanno visto come protagonisti le donne e gli uomini dell’Azione Cattolica: generosi nello spendersi per il bene della Chiesa e del mondo. Questo ha permesso di resistere anche nei momenti più tragici della storia del nostro Paese, in particolare quando durante gli anni bui del fascismo non pochi circoli dell’Azione Cattolica sono stati chiusi e impediti nello svolgimento della loro missione.
Evidentemente, la costante e laboriosa azione formativa delle coscienze operata dai responsabili associativi sempre in comunione con i Pastori dava fastidio ad un regime che negava la dignità e il valore della persona fatta ad immagine e somiglianza di Dio e quindi responsabile verso i fratelli. Anche gli anni del Dopoguerra hanno goduto dell’opera instancabile dell’A.C. per la ricostruzione civile e morale dell’Italia e delle nostre comunità. Non poche figure di laici di Azione Cattolica hanno ricoperto un ruolo di grande importanza e responsabilità sia a livello nazionale che locale negli ambiti della politica, del lavoro, della giustizia, della pubblica amministrazione. È il modo di dare voce e impegno, visibilità alla passione formativa che non è mai venuta meno — e non credo neppure in futuro — nella ministerialità dell’A.C.
Il vento nuovo del Concilio, che ha investito la vita della Chiesa ha inevitabilmente coinvolto l’Azione Cattolica, dandole l’occasione per un rinnovamento al passo con i tempi e soprattutto sempre in uno stile comunionale con i Pastori e a servizio della comunità ecclesiale. All’AC non è mai venuta meno l’umiltà di vivere la sua ministerialità nell’obbedienza al Magistero, in un confronto sereno anche se impegnativo con altre realtà ecclesiali. La sua presenza possiamo dire è stata di stimolo per affrontare i nuovi scenari dell’evangelizzazione e della pastorale.
Anche se il quadro ecclesiale si è arricchito di presenze nuove come gli uffici diocesani di pastorale per i diversi ambiti, l’Azione Cattolica ha continuato il suo servizio di formazione proponendo –e non solo per gli aderenti - momenti di crescita per la vita cristiana sempre in modo organico, progettuale e soprattutto quale mediazione dei testi ufficiali della catechesi.
Penso ai cammini formativi dell’ACR, dei giovanissimi e dei giovani, del settore adulti, delle famiglie. Testi ricch,i densi che richiedono approfondimento e studio. Essendo lo sguardo associativo rivolto ad un cammino integrale del cristiano, la sussidiazione mediata a livello diocesano è stata sempre accompagnata da forti momenti di spiritualità, da campiscuola, da occasioni di festa e di aggregazione rivolti in particolare ai ragazzi e ai giovani. Per questi ultimi, l’AC reggiana, incaricata dal servizio di pastorale giovanile, ha ricoperto un ruolo fondamentale per l’organizzazione a livello diocesano e nazionale di quella grande intuizione di san Giovanni Paolo II che va sotto il nome di GIORNATE MONDIALI DELLA GIOVENTÙ. In esse la nostra Diocesi si è sempre distinta per l’elevato numero di partecipanti. Tutto questo, sempre grazie alla passione associativa dei consiglieri diocesani che hanno percorso in lungo e in largo la nostra Diocesi tessendo una calda rete di relazioni ecclesiali.
Non possiamo dimenticare il FESTINCONTRO, felicissima iniziativa che, partita dal settore giovani, è diventata la festa che l’AC offriva a tutta la Città e alla Diocesi: Ricca di momenti culturali, di preghiera e di divertimento — nei due fine settimana di giugno —, tutti gli aderenti si ritrovavano per organizzare, vivere questi giorni. Queste iniziative sono state possibili per la generosità di tutti gli aderenti e no dell’AC, perché l’AC è così: gratuita, gioiosa, missionaria. In una parola è CHIESA! Non sono mancati momenti difficili, ma anche questo ha fatto crescere l’A.C. reggiana. Il cammino della nostra associazione viaggia con le gambe, le idee, la passione di donne e uomini generosi, disinteressati, entusiasti e per questo non è scevro di mancanze. Personalmente non posso che ringraziare il Signore per l’A.C. e per il servizio svolto al suo interno: è stata una palestra di crescita anche nella vocazione sacerdotale, nella collaborazione con il laicato, nell’amore alla Chiesa e all’uomo.
Leggere il presente. Stiamo vivendo una stagione nuova per la storia dell’umanità tutta. La pandemia ha creato in modo forzato scenari che forse stavamo intravvedendo ma che ora sono stati accelerati per il mondo ecclesiale. Tante sono le analisi, le letture del tempo attuale. Nel novembre 2020, i Vescovi italiani hanno consegnato un messaggio importante alla Chiesa italiana. Vi leggo l’introduzione scritta da Mimmo Muolo.
«Dire con affetto una parola di speranza e di consolazione in questo tempo che rattrista i cuori. È l'intento dichiarato - fin dalle prime righe – del Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia, diffuso oggi, martedì 24 novembre, dal Consiglio Permanente della CEI. È un testo rivolto alle comunità ecclesiali proprio per sostenere un cammino di Chiesa in un periodo che può sembrare sospeso, ma che può divenire di rinascita. Scrivono infatti i Vescovi che la Parola di Dio ci chiama a reagire rimanendo saldi nella fede, fissando lo sguardo su Cristo per non lasciarci influenzare o, persino, deprimere dagli eventi. Il testo, invitando anche i laici a un impegno a 360 gradi, sottolinea che questo, oltre che un tempo di tribolazione”, è anche un tempo di preghiera nelle sue diverse forme e un tempo di speranza. “Non possiamo ritirarci e aspettare tempi migliori, ma continuiamo a testimoniare la risurrezione, si legge nel Messaggio, che conclude additando la prospettiva di un tempo di possibile rinascita sociale”, anche perché la Chiesa sta impegnando le “migliori energie nella cura delle persone più fragili ed esposte”. È sulla concreta carità verso chi è affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato - ricordano i vescovi - che tutti verremo giudicati, come ci ricorda il Vangelo».
I Vescovi ci parlano di un tempo di tribolazione non solo a causa della pandemia ma delle guerre – come quella che sta insanguinando l’Ucraina - con tutte le loro drammatiche conseguenze in termini di povertà, di immigrazione, della responsabilità verso il creato, dell’accoglienza della vita e dei fratelli. Come associazione viviamo calati dentro alla storia, abitanti del secolo presente nel quale i cambiamenti sono all’ordine del giorno. Dobbiamo, credo, allenarci a vivere in una realtà in costante movimento, non per sottolineare solo la precarietà ma per accogliere l’invito del Signore: DUC IN ALTUM (Lc 5,4)!
Un tempo di preghiera. La crisi sanitaria mondiale evidenzia nettamente che il nostro pianeta ospita un’unica grande famiglia, come ci ricorda Papa Francesco nell’Enciclica Fratelli tutti: «Una tragedia globale come la pandemia del Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme» (n. 32). Ancor di più, quanto si sta consumando nell’Europa dell’Est, evidenzia in modo drammatico l’urgenza della preghiera, del ritorno a Dio per vedere nel volto del fratello il nostro essere figli di un unico Padre. Questo appello cosi pressante, soprattutto in questo momento, deve essere l’anima dell’agire dell’Azione Cattolica; la sua presenza, come ricordano i documenti fondanti, sgorga e confluisce nell’annuncio del Vangelo e nella testimonianza di esso.
Un tempo di possibile rinascita sociale. È questo il migliore cattolicesimo italiano, radicato nella fede biblica e proiettato verso le periferie esistenziali, che certo non mancherà di chinarsi verso chi è nel bisogno, in unione con uomini e donne che vivono la solidarietà e la dedizione agli altri, qualunque sia la loro appartenenza religiosa. A ogni cristiano chiediamo un rinnovato impegno a favore della società lì dove è chiamato a operare, attraverso il proprio lavoro e le proprie responsabilità, e di non trascurare piccoli ma significativi gesti di amore, perché dalla carità passa la prima e vera testimonianza del Vangelo.
Aprire nuovi orizzonti. Il Sinodo indetto da papa Francesco, di cui ci ha parlato il presidente dell’A.C. di Milano, ha come tema l’ascolto, il saper accogliere le nuove realtà che vanno definendosi. Siamo all’ingresso di una nuova epoca, diversa, forse difficile, ma non per questo meno impegnativa di quelle passate.
Ciò che ha da sempre connotato l’AC è stato ed è il modo umile ma efficace, costante e metodologico di formare le coscienze dei suoi aderenti, sapendo che in loro non sarebbe mai venuto meno lo slancio missionario.
È difficile imprimere una linea ben definita a questi nuovi orizzonti: certo è che i laici di Azione Cattolica non si sono mai sottratti alla loro missione di corresponsabili nel creare relazioni significative fondate su valori e ideali alti, nel rendersi visibile laddove la Chiesa vive, nel formare donne e uomini che sappiamo essere nell’ordinario degli ambiti di vita gli strumenti per il compimento dell’agire salvifico di Cristo.
Don Giovanni Rossi
Vicario episcopale per i fedeli laici, le aggregazioni e i movimenti
Dal settembre 2020 presidente dell’Azione Cattolica milanese, Gianni Borsa è il corrispondente dell’agenzia d’informazione Sir da Bruxelles e dirige Segno nel mondo, il trimestrale dell’AC nazionale.
Domenica, in Cattedrale, è stato relatore all’assemblea dell’associazione reggianoguastallese, affiancato dalla presidente diocesana Sara Iotti, partecipando così alle celebrazioni per i centoquarant’anni di presenza dell’Azione Cattolica nella nostra terra.
Impossibile, specie con un giornalista, non partire dall’attualità…
Mai più avremmo pensato di sentire parlare di una guerra in Europa, mai più avremmo voluto sentire parlare di una guerra in questo frangente, dopo una pandemia che ha fatto milioni di morti.
Purtroppo dobbiamo sentire parlare di guerra in Europa mentre sappiamo che nel mondo ci sono diversi altri conflitti da noi spesso dimenticati. La guerra in Ucraina ha un aggressore e un aggredito, questo è molto chiaro; l’aggressore è Vladimir Putin con il suo regime, non la Russia tutta intera, non tutto il popolo russo, ma è un governo che pur eletto democraticamente ha risvolti preoccupanti come una dittatura.
Come vede le due parti in causa?
La Russia è oggi un paese povero, non fa innovazione, non è capace di stare sui mercati internazionali, non è un simbolo di diritti umani e di democrazia; l’unica cosa che sembra saper fare è mostrare i muscoli e ogni tanto in chiave di nazionalismo - anche per sostenere Putin e il suo entourage - invade o minaccia altri paesi, siano l’Afghanistan, il Kazakistan, la Georgia, il Medioriente, oggi l’Ucraina… questo è il governo russo oggi.
L’aggredito invece è l’Ucraina, paese pur problematico sotto tanti aspetti, ma oggi agnello attaccato dal lupo.
Cosa attendersi?
Abbiamo la certezza che c’è un popolo in sofferenza, con morti e feriti, case distrutte, città assediate, e poi un popolo in fuga, alla ricerca di un’ospitalità che va assolutamente organizzata, preparandosi ad un’accoglienza che potrebbe durare anche nel medio-lungo periodo.
Una sua valutazione come corrispondente da Bruxelles dell’agenzia Sir…
La vicenda dalla guerra oggi, così come il Covid ieri, ha assegnato un volto più unitario all’Unione Europea, che sostiene apertamente, esplicitamente e unitariamente l’Ucraina sul piano economico, degli aiuti umanitari, con sanzioni verso l’economia russa e probabilmente con l’invio di armi al paese aggredito. Una UE che deve mostrarsi solidale nell’accoglienza dei rifugiati e che si rende conto che deve costruire gradualmente una politica estera e di sicurezza comune, che è quello che le manca e che in questo momento si tenta con fatica di realizzare.
Pandemia e guerra in Europa sembrano mettere uno stop alla globalizzazione e alla fraternità…
Questo è esattamente il momento nel quale, sulla base delle encicliche Fratelli tutti e Laudato si’ e dell’universalità della Chiesa cattolica, occorre dare segnali di fraternità, di dialogo, di ascolto reciproco, di pace: valori alti che mettono al centro la persona e la sua dignità. Questo è un momento di grande, possibile profezia da parte della Chiesa cattolica, delle Chiese cristiane e di tutte le religioni nel mondo, religioni che hanno messaggi di pace.
In questo scenario incerto e angosciato come può inserirsi il cammino sinodale?
È un momento di Chiesa nel quale si sperimenta un metodo e uno stile di ascolto, di cammino comune: la comunità cristiana si domanda a che punto è in questo tempo nuovo e come può e deve cambiare per continuare a testimoniare il Vangelo. Le sollecitazioni che arrivano dalla storia devono essere lì, accanto alla Bibbia, che resta il primo punto di riferimento; e la storia oggi ci mostra guerra, popoli in affanno per il Covid, popoli poveri nel terzo mondo a cui nessuno sembra badare se non qualche Ong e il mondo missionario. Ebbene, proprio in questo senso anche la Chiesa italiana può dare un grande messaggio di ascolto, di dialogo, di disponibilità, di fraternità…
E l’Azione Cattolica?
L’AC sta dentro questo percorso: facciamo nostro il cammino di una Chiesa che si ripensa, che ha a cuore l’intento di continuare con speranza, con gioia e serenità a raccontare e a provare a vivere il Vangelo in questo tempo, con tutte le sue contraddizioni, sapendo che è un messaggio che va contro corrente, però è quello che hanno i cristiani da portare, e non possono non farlo.
A Milano cosa si sta facendo per il cammino sinodale?
Stiamo cercando di portare il Sinodo tra la gente, nelle parrocchie, nelle nostre associazioni, in dialogo con le altre aggregazioni laicali e i movimenti; stiamo facendo molti incontri, alcuni momenti di convegno, la due giorni teologica e abbiamo realizzato un libretto, “Dal basso insieme, Dieci passi per una Chiesa sinodale”, con la prefazione del nostro arcivescovo, una sorta di vademecum di come si può vivere lo spirito e il cammino sinodale. Crediamo davvero che, come auspica il Papa, il Sinodo deve avvenire dal basso, ascoltando i laici, i sacerdoti, i religiosi che si mettono responsabilmente davanti a questo tempo e dicono di cosa ha bisogno questa Chiesa oggi.
E i bisogni oggi quali sono?
Noi riteniamo che la Chiesa abbia bisogno di franchezza, di dirsi le cose come stanno, di fraternità e quindi di comunione, di ascolto reciproco, di partecipazione laicale, di discernimento comunitario, di trasformazione missionaria dello stesso volto del cristiano oggi.
Un’ultima domanda: la Quaresima è iniziata il 2 marzo, ma le ceneri della guerra l’hanno preceduta di una settimana… Come vivere questo tempo sofferto?
Linguisticamente, e anche liturgicamente, accostiamo la Quaresima a un tempo di preghiera, silenzio, digiuno, esame di coscienza personale e collettivo, ma è anche vero che la Quaresima prepara alla Pasqua di Resurrezione, al sepolcro vuoto, a Gesù che risorge e che dà vera, continua, infinita speranza all’umanità. Così va vissuta la Quaresima: prepararci in coscienza, nella preghiera, nel silenzio, però a un tempo nuovo di testimonianza… come le donne che corrono raccontando che il Signore è risorto, che Gesù è vivo, che Dio ci accompagna tutti i giorni. Certamente è un tempo di sofferenza per questo mondo, ma anche un tempo di rinnovata speranza, perché è questo che il cristiano può portare nella vita di tutti i giorni: non un vago sentore di ottimismo, ma una speranza certa, la speranza nel Risorto.
Edoardo Tincani
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